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PL - P. Cannavaro: "A Parma anni bellissimi. Lo spareggio di Bologna tra i momenti più belli"

di Alessandro Tedeschi

Tornano le dirette Instagram di Parmalive.com, e ieri pomeriggio, insieme al nostro Niccolò Pasta, abbiamo avuto l'ex difensore crociato Paolo Cannavaro, attuale collaboratore tecnico di suo fratello Fabio in Cina, che si è così espresso su diversi temi, dal calcio di oggi alla sua esperienza in gialloblu: “Sto bene, è un piacere poter parlare con voi li da Parma. Parma è una città che mi ha dato tanto, spero di aver dato tanto anche io e quindi faccio questa diretta molto volentieri”.

La situazione lì in Cina com'è? Il campionato dovrebbe ripartire a fine mese:
“Si, dovremmo ripartire il 26/27 giugno, salvo ripensamenti. Per noi sarà l'inizio del campionato, che sarebbe dovuto partire a marzo, ma che poi è stato rinviato”.

Partiamo da Napoli, per un ragazzo napoletano, com'è stato?
“Sono entrato nel settore giovanile che ero un bambino, ho fatto tutta la trafila e mi sono ritrovato a 17 anni a fare l'esordio in Serie B a Verona, con la maglia del Napoli che ho sempre tifato. L'anno dopo ero in ritiro con la prima squadra, c'erano delle difficoltà economiche e visti anche i buoni rapporti tra Parma e Napoli, i due giocatori promettenti della Primavera, che eravamo io e De Lucia, andammo a Parma. Immagina, arriva un ragazzino, diciotto anni, nella prima squadra del Parma, mi sembrava di stare a Gardaland. I giocatori che c'erano in quegli anni lì erano fior fiore di campioni. Da lì ho fatto il primo anno che spesso andavo a giocare con la Primavera, e ho trovato poco spazio in prima squadra. L'anno dopo mi sono ritrovato ad aver un po' più di spazio con l'arrivo di Arrigo Sacchi che subentrò a Malesani. Il mister decise di lasciare il calcio e arrivò Ulivieri, che mi diede tanto spazio. Poi sono dovuto andare in prestito per provare a giocare un po'. Vado a Verona, ma poi torno a Parma per restare quattro anni”.

E quei quattro anni come sono stati?
“Dal punto di vista societario c'era qualche difficoltà, la Parmalat aveva avuto un problema molto serio e la squadra ne risentiva dal punto di vista mentale. Ma la società non ci ha mai fatto mancare nulla e sono arrivati anche diversi risultati importanti perché il Parma si è ritrovato a puntare su tutti i ragazzi giovani che aveva acquistato negli ultimi anni e sono uscite delle belle favole. Tanti ragazzini presi come investimento che si sono poi ritrovati lanciati nel calcio che conta”.

Arrivi a Parma, appena maggiorenne. Tuo fratello Fabio, che già era a Parma da quattro anni, quanto ha influito per farti accettare Parma?
“In quegli anni li è normale che se ti dicono vai al Parma accetti subito, poi se c'è anche tuo fratello... Avere cognomi pesanti è anche un'arma a doppio taglio. Ma mi sono dimostrato all'altezza e ho giocato tante partite al fianco di mio fratello. Poi lui è andato via e io sono rimasto e poi ho preso la mia strada. Sono felice di aver fatto parte di una società che ha fatto parte della storia del calcio italiano”.

I tuoi due esordi, in Serie A e in Coppa Italia, li fai sostituendo proprio Fabio:
“Storia da libro cuore. Poi lui andò all'Inter e io rimasi facendo restare un Cannavaro nella città di Parma. Devo dire che la città era molto legata al cognome e noi eravamo molto legati alla città e al presidente”.

Fabio era un modello o un avversario in campo?
“Un esempio da seguire, ma non l'unico. C'erano anche altri giocatori che erano altrettanto forti. Thuram, Sensini, Benarrivo. E' stata una scuola per me, allenarmi con loro e sentire tanti consigli mi ha dato una grossa mano per tutta la carriera”.

Nel prestito a Verona ritrovi proprio Malesani:
“Si, il mister lo ho avuto a Parma nel primo anno, quando ho iniziato ad assimilare il suo modo di giocare, che era anche avanti per l'epoca. Poi l'ho ritrovato a Verona, dove ho fatto il mio primo campionato da titolare. Purtroppo siamo retrocessi senza mai essere stati nella zona a rischio, venendo risucchiati solo all'ultima giornata”.

Torni a Parma con Prandelli:
“Si, un tecnico abituato a lavorare con i giovani e che ci ha permesso di fare molto bene, nonostante la situazione societaria. Qualificazione in Europa al primo anno e sfiorata la Champions per un punto al secondo. Il terzo anno ci ritroviamo a salvarci con lo spareggio di Bologna”.

Una stagione nata storta:
“Va via Prandelli, si ringiovanisce ulteriormente la squadra, con giocatori della Primavera che poi sono diventati giocatori importanti. Però finisce in un modo fantastico. Perdere in casa lo spareggio ed andare a vincere poi a Bologna è stata da crepacuore”.

Me la racconti quella partita?
“Alla prima in casa perdiamo con sette squalificati per uno a zero. Il nostro direttore, Oreste Cinquini ci prese tutti e ci disse nel ritiro dopo partita: “Abbiamo perso la prima partita ma io ho fiducia in voi. Siete una squadra forte, so che ci salveremo vincendo a Bologna”. Ci ha accompagnato questo modo di ragionare per tutta la settimana. Andiamo a Bologna, io non parto dall'inizio ma entro a freddo per l'infortunio di Beppe Cardone. Mi trovo a fare una partita molto bella, tanto che al termine lo stesso Cinquini mi disse: “Ti devo ringraziare, non è da tutti accettare di non giocare una partita del genere e poi entrare in questo modo”. Certe parole dette dal tuo direttore sportivo sono molto gratificanti. Fatto sta che vinciamo a Bologna e ci salviamo”.

L'anno dopo?
“Arriva Mario Beretta. Un allenatore che mi ha lasciato tanto. Ci ha dato una grande identità, e chiudemmo noni partendo malissimo. E quella purtroppo fu l'ultima stagione in crociato”.

Tu arrivi nel Parma stellare e vai via nel Parma dei giovani: in questi sei anni qual è stato il ricordo più bello?
“Tra lo spareggio di Bologna e la semifinale di Coppa UEFA è gara dura. Io non ho mai visto un allenatore che fa la riunione prima della partita e piange: Gedeone Carmignani aveva dovuto preparare la semifinale di Coppa UEFA pur sapendo che c'era il rischio di retrocedere. E la Serie A era troppo importante per una società come il Parma. Così giocammo la semifinale con tutti ragazzini, anche se non capita tutti i giorni. Perdemmo, meritatamente, perché il CSKA fu più forte di noi e vinse la coppa. Tanti ricordi e tanti giocatori forti con cui ho condiviso lo spogliatoio, difficile scegliere il più bello”.

Arriviamo al Napoli dove ti presenti dicendo: “Voglio essere quello che è Totti a Roma”:
“Si, in parte ci sono riuscito, anche se non ho terminato la carriera a Napoli. Sono stati sette anni e mezzo fantastici, con difficoltà perché quando giochi nella tua città ci sono pressioni diverse. La gente si aspetta sempre qualcosa in più”.

Da titolare in A scegli di scendere in Serie B per il Napoli:
“Si, per amore. La squadra del cuore ed ero andato via perché c'era bisogno di monetizzare, ma casa mia era quella e appena ho potuto sono tornato. Quell'anno ci ritroviamo noi, il Genoa e la Juve. Era una Serie B mai vista prima”.

A Napoli, è più la delusione del non aver vinto quello scudetto o l'ottavo di Champions con il Chelsea?
“Il campionato sicuro. In Champions eravamo una banda di matti che dava filo da torcere a tutti. Quel campionato è il mio unico rammarico veramente forte. Ci credevamo ma purtroppo in un periodo delicato ci siamo inceppati e la Juve ha meritato. Quell'anno lì ci speravo e ci credevo tanto. Ci siamo consolati con la Coppa Italia vinta contro la Juventus, portando un trofeo a Napoli dopo 25 anni. Fu una bella soddisfazione”.

E in Italia si ripartirà proprio dalla Coppa Italia tra una decina di giorni:
“L'importante è che si ripartirà. Ma soprattutto nel momento in cui il nostro Paese inizia a stare bene dal momento della salute, si è deciso di ripartire perché il calcio in Italia muove tante persone. Hanno fatto bene visto che ce n'è stata la possibilità, senza dimenticare che la salute è al primo posto”.

Hai seguito la Serie A?
“Non è facile con il fuso orario che abbiamo. Io guardo le partite con la telecronaca in cinese (ride ndr). Il Parma ha dimostrato di essere una società che sta facendo annate dove rischia pochissimo. Giusto così perché Parma ha storia e merita di stare in A”.

Ora fai l'assistente di Fabio, ma nel tuo futuro cosa c'è?
“Non penso ad una panchina, per il momento. Mi concentro su quello che faccio ora, e il fatto di stare con Fabio mi sta aiutando molto. Un allenatore non deve guardare solo alla tattica, ci sono tante altre cose da tenere d'occhio. Sono in una delle società più forti dell'Asia e mi sto divertendo, imparando tanto”.

Grazie Paolo per questa chiacchierata:
“Grazie a voi. Parma è stata la società che mi ha accolto da ragazzino e mi ha fatto diventare il giocatore che sono stato”.

Chiudiamo con un aneddoto del tuo arrivo a Parma:
“Si immagina me ragazzino, tutto il giorno a Napoli in scooter e manica corta. Mi ritrovo in un freddo forte ed in mezzo alla nebbia. Non avevo mai avuto la possibilità di vedere la nebbia, ma poi sono arrivato ad un punto in cui non sentivo più il freddo e non mi faceva specie la nebbia. Mi ero adattato. All'inizio cappello, sciarpa e guanti: alla fine sono andato via con giubbotto di pelle aperto e capelli bagnati ( ride ndr)”.


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