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Che le parole di Danilo non cadano nel vuoto: un bagno di umiltà da parte del gruppo. Non potrà mica sempre essere colpa dell’allenatore…

di Rocco Azzali

Purtroppo siamo qui a dover commentare un’altra sconfitta del Parma, la quinta dopo 15 giornate. Parlare a caldo non è mai una grande idea: va a finire che si dicono cose meno obiettive di quello che realmente potrebbero essere e facilmente ci si lascia influenzare dal trasporto emotivo che un tifoso cova dentro di sé al termine di una partita. Penso però di non esagerare dicendo che in questa squadra c’è qualcosa che non funziona: anche oggi abbiamo regalato un tempo agli avversari, approcciando la gara con la testa sbagliata, senza quella concentrazione che servirebbe ad un gruppo già attardato in classifica che ha l’obiettivo di tornare a lottare per i primi posti. Almeno, questo è quello che diciamo da agosto a questa parte, e che tutti continuano a sostenere nonostante stia per terminare il girone di andata. I media nazionali, così come gli avversari che ci troviamo di fronte sono convinti che il Parma è la formazione più forte del torneo e che alla lunga verrà fuori. Questo è quello che ci auguriamo tutti, il calcio negli anni ci ha raccontato di rimonte clamorose così come di crolli impronosticabili: tutto è possibile, però, ad oggi, sono più le perplessità e i rammarichi che le speranze di una pronta e repentina ripresa.

Al termine della partita contro il Brescia, nella consueta conferenza post gara, si è presentato in sala stampa Danilo, una delle colonne di questo giovane gruppo, e vorrei porre l’attenzione su quello che ha detto e soprattutto in che modo ha voluto esternare il suo pensiero. Parliamo di un giocatore che vanta in curriculum 350 presenze in Serie A, dove per 10 anni di fila è stato il leader difensivo di Udinese prima e Bologna poi, e che a 37 anni sa bene cosa vuol dire battagliare per un obiettivo. Se Danilo, ha voluto fare un bagno di umiltà davanti alle telecamere, facendosi in pratica portavoce dei compagni, e dicendo che la squadra, evidentemente, non è così forte come tutti dicono perché loro calciatori, in primis, devono impegnarsi di più, lottare su ogni pallone, trovare meno scuse e ridere di meno, significa che, non è sempre e solo colpa dell’allenatore. Ora, è normale che la mano di Iachini non si possa ancora vedere, ma al nostro nuovo mister non servirà solamente del tempo per inculcare il proprio credo tattico a chi veste questa maglia: il suo compito sarà anche quello di entrare nella testa di questi ragazzi e trasmettere loro la voglia e la fame necessarie per diventare dei vincenti.
Chiudo con una manciata di luoghi comuni, ma comunque degli evergreen: è vero che spesso quando le cose non vanno il capro espiatorio diventa l'allenatore, che è il primo a pagare per tutti, ma ricordiamoci che sono i giocatori a scendere in campo.


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